Trovo molto intrigante il tema del cacciatore di dote, che ho trattato più volte nella mia produzione. Ad agosto uscirà in edicola e in ebook un Romance storico con questo titolo, Il cacciatore di dote, per la collana I Romanzi Mondadori, ma qui desidero proporvi un racconto che, pur completamente diverso, ha lo stesso tema e un titolo simile. E' stato pubblicato su GIOIA moltissimi anni fa.
Anche questa estate si trascina noiosamente uguale a tutte quelle che l'hanno preceduta, da non sopravvivere. Le solite uscite in barca con gli amici, le pigre mattinate sdraiati sui lettini a prendere il sole, i vagabondaggi da un locale all'altro fin quasi all'alba, le chiacchiere di sempre sulle coppie appena formate, su quelle già sfasciate, flirt, adulteri e altre banalità.
Io sono una miliardaria atipica. Mi annoio a morte se faccio le cose che qualsiasi miliardario fa con enorme piacere e soddisfazione. Ma ognuno di noi ha il suo ruolo e se lo deve tenere. Io sono la figlia ricca e viziata del re dei biscotti e devo comportarmi da figlia ricca e viziata. Ho anche un nome all'altezza della situazione: Hillary. L'ha scelto mia madre, che è americana, e mio padre trova che sia molto glamour.
Quando avevo quindici anni ho provato un paio di volte a ribellarmi, sono persino scappata di notte con un'amica molto libera e molto povera, ma dopo due giorni ero di nuovo a casa, arricchita da un certo numero di riflessioni sui vantaggi del possedere molti soldi e sugli svantaggi del vivere alla giornata.
Però questo non toglie che un certo spirito di ribellione sia sempre in agguato, anche se ormai ho ventiquattro anni e so già che sposerò un miliardario come me perché, come dice mio padre, i soldi sposano i soldi.
Il candidato più probabile alla mia mano è Carlo Alberto Autieri, un tipo serio che piace molto alla mia famiglia. Serio e terribilmente prevedibile. Sarà anche bravo nel gestire l'impero industriale di famiglia, ma la sua conversazione è di una banalità abissale. Auto sportive e yacht sono i suoi unici argomenti, non è capace di parlare d'altro.
Dovrebbe sposare un tipo come Giada Ferrani, che sa conversare solo di beauty farms e di alta moda, ma invece sembra proprio molto affascinato dalla mia personalità. Me l'ha detto lui una sera, mentre ballava nella penombra di un night tenendomi decisamente troppo stretta: - Adoro il tuo temperamento.
Io ho subito pensato che il mio temperamento, alla lunga, avrebbe potuto procurargli dei guai, ma naturalmente mi sono guardata bene dal tradurre quel pensiero in parole. Ho continuato a ballare cullata dalle sue braccia e intanto pensavo che avrebbe dovuto accadere qualcosa. Qualcosa di eclatante e di sconvolgente, che mi strappasse al viscido torpore di quell'inutile estate.
Avevo voglia di una bella follia.
- Vado a fare una nuotata, - annuncio ai miei amici, sdraiati sui lettini e inebetiti dal sole.
- Che idea, è troppo faticoso, - geme Floriana, mentre cambia languidamente posizione per prendere un flacone giallo ocra. E' già perfettamente abbronzata in ogni centimetro del suo corpo curvilineo, eppure continua coscienziosamente a nebulizzarsi di non so che liquido all'aroma di bergamotto.
- Vuoi che ti accompagni? – si offre Carlo Alberto, ma senza convinzione.
E' l'ultima cosa al mondo che vorrei, così gli faccio ciao con la mano e mi avvio con una corsa leggera verso il mare. Pochi secondi dopo sono già al largo, nell'acqua fredda e trasparente della baia.
Nuoto adagio e mi sento incredibilmente felice. Ecco qual è il mio posto, rifletto con ironia. Decisamente lontano da quello dei miei amici. Non ho davvero niente in comune con loro, detesto quelle voci leziose e quelle frasi con mille punti esclamativi. Detesto il loro mondo di risatine e di creme solari.
Ed è in quel momento che un crampo mi coglie all'improvviso bloccandomi il respiro. Per un attimo mi prende il panico, annaspo, bevo…
In lontananza vedo i miei amici beatamente immobili al sole, nessuno sembra essersi accorto che sono in difficoltà.
- Posso offrirti la mia spalla?
Sussulto, girandomi di scatto. E vedo un uomo a un metro da me, viso sorridente, capelli color inchiostro e occhi dello stesso colore del mare.
- Cosa? – annaspo, cercando di ricordarmi se l'ho già visto da qualche parte.
- Mi sembri in difficoltà e se ti appoggi alla mia spalla potrei portarti a riva – dice tranquillo. - So anche fare la respirazione bocca a bocca, se proprio la situazione dovesse precipitare.
- Ho solo un crampo, - ribatto piuttosto seccamente. – E sta anche passando. Sei il nuovo bagnino, per caso?
- No, sono solo un tipo gentile.
Mi rilasso e decido di fidarmi. – D'accordo per quella spalla. Non sono ancora sicura di poter usare il mio piede.
Senza una parola, il tipo gentile si avvicina e io mi appoggio leggermente a lui. Solo dopo qualche metro mi rendo conto che il crampo è passato e allora cominciamo a nuotare vicini, con lo stesso ritmo, fino a raggiungere la riva.
- Grazie, - gli dico, prima di tornare dai miei amici. - Mi chiamo Hillary.
- Lo so. Sei nella mia lista.
Temo di non aver capito bene. – Hai detto lista?
- Sì, di ragazze belle, nubili e con reddito interessante. Tu sei la numero due.
- Ma di cosa stai parlando? – articolo, incredula. - Sei pazzo per caso?
- Niente affatto. Mi piacciono i soldi e la bella vita e il modo migliore per ottenerli entrambi è ancora oggi un buon matrimonio.
Sbatto le ciglia, completamente scioccata. – Scusa, vediamo se ho capito. Stai cercando di dirmi che vuoi sistemarti con una moglie ricca e che hai stilato addirittura una lista?
- Precisamente.
- E perché sono al secondo posto?
- Cosa?
- Hai sentito benissimo. Perché sono solo al secondo posto?
A lui scappa da ridere. - Non occuparti di questi dettagli. Se tu mi dovessi piacere davvero, non starei certo a badare a qualche spicciolo in più o in meno, figurati. E poi…
A quel punto decido che ho ascoltato abbastanza. Gli lancio uno sguardo gelido e gli volto le spalle. I miei amici di sempre mi sembrano all'improvviso molto rassicuranti e mi dirigo verso di loro a passo veloce.
E poi capisco perché il suo viso mi era sembrato vagamente familiare. Lui è dappertutto. Ovunque io vada, lui c'è. Al banco del locale dove prendiamo l'aperitivo, con un calice tra le dita, sul trampolino della piscina, impegnato in tuffi acrobatici, e da qualsiasi parte io giri lo sguardo. Solo in un secondo momento realizzo che, oltre a me, anche un certo numero di ragazze della sua lista frequentano gli stessi posti, quindi lui sta solo osservando il suo vivaio in attesa di passare all'azione.
Senza nessun motivo logico, trovo piuttosto irritante il fatto di essere solo al secondo posto della sua stramaledettissima lista.
Prima di riaccompagnarmi a casa, la sera successiva, Carlo Alberto mi propone qualcosa di fresco al bar della piscina. Ordiniamo due aperitivi e lui mi chiede cosa ho.
- In che senso? – guadagno tempo io.
- Nel senso che da ieri pensi sempre a qualcosa d'altro. Sto cercando di attirare la tua attenzione in mille modi, senza riuscirci.
Sorrido. – Forse dovresti impegnarti di più.
- Forse sei tu a non sapere quello che vuoi.
Questa poi. - Forse. O forse invece lo so fin troppo bene – ribatto brusca. Mi dispiace infierire su di lui, che ha discrete possibilità di diventare mio marito, ma a volte la tentazione è irresistibile.
Il cameriere che ci ha servito gli aperitivi si è appena allontanato, quando un'ombra si proietta sul nostro tavolo.
- Hai dimenticato questa sotto l'ombrellone.
Alzo la testa di scatto perché ho riconosciuto la voce. E' lui, il cacciatore di patrimoni, con un sorriso allegro e lo sguardo azzurro particolarmente ironico. In piedi a un passo da noi, mi sta porgendo la mia rivista.
Lo ringrazio sorridendogli con calore.
Con troppo calore, forse? Fatto sta che lui si sente incoraggiato e indica una sedia libera. – Ho dovuto correre per raggiungervi. Posso sedermi un attimo?
Carlo Alberto si irrigidisce, io abbozzo un sorriso e lui si siede perfettamente a proprio agio.
- Ci conosciamo? – chiese Carlo Alberto piuttosto freddamente.
Io mi impietrisco all'idea di doverli presentare. Infatti non conosco il nome dell'affascinante arrampicatore sociale, né qualsiasi altro dato utile all'identificazione.
- Sono Alessandro, un amico di Hillary, - mi viene in aiuto lui, con un mezzo sorriso complice. Poi ordina a sua volta un aperitivo e comincia a chiacchierare con me. Cioè, è girato verso di me e guarda solo me, come se Carlo Alberto fosse trasparente o come se addirittura non fosse seduto al nostro tavolo. Terribilmente imbarazzante. Mi racconta di una mostra di impressionisti che è andato a vedere e che mi consiglia, e io lo ascolto colpita dal fatto che finalmente qualcuno stia parlando di un argomento che mi interessa.
Ma contemporaneamente sono curiosa di spiare la reazione di Carlo Alberto. Potrebbe rivelarsi un test molto utile. Capire se tiene davvero a me e quanto. Se il suo perfetto autocontrollo può essere o no incrinato da uno sconosciuto che corteggia sfacciatamente la sua quasi-ragazza sotto i suoi occhi.
Ma, come immaginavo, il suo autocontrollo è perfetto. Naturalmente io capisco che è irritato, ma lui non lo dà a vedere. A un certo punto si alza di scatto, così di scatto da farmi pensare che finalmente reagirà in qualche modo all'invadenza del mio corteggiatore. Invece annuncia che andrà a pagare le consumazioni alla cassa e che mi aspetterà lì per riaccompagnarmi a casa.
Io raduno in fretta le mie cose. Cellulare, occhiali da sole, rivista.
– Non ti sembra di avere esagerato? – sibilo astiosa, mentre Alessandro segue con interesse ogni mio movimento.
- Perché, scusa?
- Hai tagliato fuori il mio ragazzo con la massima disinvoltura e maleducazione.
- E' un suo problema. Se fossi stato al suo posto avrei ben saputo come liberarti da un importuno.
- Lo hai fatto apposta, allora?
- Certo. Volevo che ti rendessi conto che lui non è l'uomo giusto per te.
- Che sfacciato! E chi sarebbe l'uomo giusto per me? Tu per caso?
- E' una possibilità che potresti prendere in considerazione.
Mi alzo di scatto e getto le mie cose nella borsa da mare. – Tu invece cerca di prendere in considerazione la possibilità che ti faccia allontanare dalla Sicurezza, la prossima volta che ti avvicinerai troppo a me o ai miei amici. Sono stata chiara?
Lui sogghigna.
– Se vuoi che me ne vada, non hai che da dirmelo. Però, se mai dovessi ripensarci…
- Non ci ripenserò.
Afferro la borsa e mi avvio verso Carlo Alberto. La borsa mi sembra particolarmente pesante e guardo dentro.
Non ho parole. Sono esterrefatta.
- Alessandro! – ringhio, girandomi di scatto.
- Ci hai già ripensato? – fa lui, serafico.
Io sono così furiosa che potrei ucciderlo a mani nude. – Imbroglione! La mia rivista era già nella borsa. La tua è un'altra copia!
Lui si stringe nelle spalle con aria innocente. – Sai, noi cacciatori di dote dobbiamo essere ricchi di inventiva.
Per tre giorni Alessandro non si avvicina. Se ci incrociamo, china appena la testa in segno di saluto e questo è tutto. Evidentemente sta dirottando le sue attenzioni sull'ereditiera numero uno, o sulla numero tre. Di certo io sono stata depennata dalla lista.
Per non sapere cosa altro fare, in questi tre giorni mi sono concentrata su Carlo Alberto. L'ho osservato, l'ho studiato, ho cercato di scoprire lati nascosti e intriganti della sua personalità. Niente. La sua personalità non ha lati nascosti. Quel poco che c'è, è tutto in bell'evidenza, davvero nulla da scoprire. Pura superficie.
Così alla fine concludo che sarà senza dubbio più interessante e divertente osservare Alessandro in azione. Lui è un tipo pieno di risorse e mi incuriosisce vedere come farà ad abbordare la prossima delle sue ereditiere. Quali pretesti escogiterà.
Poi realizzo che alcune di quelle ragazze saranno sicuramente mie ospiti al party che darò fra due giorni per il mio compleanno.
Piuttosto eccitata dall'idea che mi è balzata in testa, mi guardo intorno e localizzo Alessandro seduto a un tavolino del bar, intento a perlustrare la zona da dietro un paio di occhiali scuri.
Punto nella sua direzione, e fingo di accorgermi di lui solo quando gli sono vicino.
– Ti vedo un po' in crisi - comincio. – Ma visto che mi hai quasi salvato la vita, penso di doverti un favore.
Lui si toglie gli occhiali.
– Io le vite le salvo gratis - risponde rigido.
- Non mi dire che te la sei presa per quel piccolo diverbio dell'altro giorno, - lo canzono allegramente. - Voi cacciatori di dote dovreste essere più tenaci. Il suo sguardo azzurro filtra tra le ciglia e qualcosa si scioglie dentro il mio stomaco.
– Vuoi dire che con te mi sono arreso troppo presto?
- No, voglio dire che potresti darti da fare con qualcun'altra. Mi sembra che tu stia sprecando il tuo tempo.
Lui scuote leggermente la testa con un sorriso ironico. – Ti assicuro che non ne sto sprecando neppure un minuto.
Rido nervosamente. – Non cercare di confondermi e ascolta bene. Potrei darti l'opportunità di conoscere i patrimoni più cospicui della tua lista. Sono invitati sabato sera a casa mia. Se vuoi, invito anche te e il gioco è fatto.
Lui solleva un sopracciglio. – A cosa devo tanto altruismo?
- Al fatto che la tua caccia mi sta appassionando. E' la cosa più divertente in cui mi sia imbattuta da anni a questa parte. Sai, si muore talmente di noia nel jet set, non capisco perché tu non veda l'ora di farne parte.
Lui ride, chiaramente divertito. – Anche tu sei un tipo interessante. Se solo ti lasciassi un po' andare, insieme potremmo fare follie! – Scrolla le spalle, rassegnato. – Ma capisco che il solido Carlo Alberto abbia qualità insostituibili. D'accordo, vada per il party. So già dov'è la tua villa, naturalmente, mi piace documentarmi. Arriverò verso le undici.
Invece si fa aspettare. Io ero già convinta che non sarebbe venuto e avvertivo una leggera irritazione levitare dentro di me, invece eccolo che si fa avanti tra gli altri ospiti, bello ed elegante, perfettamente a proprio agio.
- Ciao, ho lasciato di là dei fiori per te. Occorre spendere soldi per far soldi.
Forse sto giocando col fuoco, penso, ma da troppo tempo non mi sentivo così eccitata e confusa. Così viva.
– Vieni e dimmi cosa preferisci? Motori per fuoribordo o petrolio?
- Petrolio, grazie.
- Allora seguimi, ti presento Giada…
- Giada Ferrani? Che combinazione. E' proprio la prima della mia lista.
Io digrigno i denti, così il mio sorriso risulta un po' tirato. – Giada, ti presento un mio amico piuttosto intraprendente. Alessandro… - Mi giro verso di lui, già nel panico. – Credo di non ricordare il tuo cognome.
- Tralascialo pure, non è niente di speciale.
Giada inarca le sopracciglia perfette e valuta con attenzione il metro e ottanta che ha davanti. Il sorriso delle grandi occasioni le si accende in meno di un secondo. – Cosa importa il cognome, quando tutto il resto è speciale?
Un attimo dopo stanno già ballando strettamente allacciati. Giada è una vera contorsionista, nessuna riesce ad avvinghiarsi a un uomo meglio di lei.
Mi giro lentamente guardandomi intorno. Carlo Alberto sta chiacchierando col suo amico Andrea, ovviamente di motori.
Improvvisamente mi sento molto sola e molto stupida. Dopotutto, rifletto, non c'è nulla di demoniaco nei cacciatori di dote. Sono uomini come tutti gli altri, forse con più cervello e più fascino degli altri, perché qualcosa devono pur offrire, in cambio di una ricca dote.
E poi io sono sufficientemente ricca da poter mantenere un marito povero.
Voglio dire, se proprio me ne innamorassi alla follia, potrei anche sposare un uomo che possiede solo l'abito che indossa o poco più.
Il pensiero mi spaventa perché mi sembra terribilmente reale. Sono così convinta, che potrei farlo davvero. E poi pentirmene per tutta la vita.
- Vuoi ballare?
Mi giro piano. So che è lui. Incontro il suo sguardo carezzevole e penso che gli occhi azzurri dovrebbero essere proibiti nei cacciatori di dote. Irretiscono senza lasciare possibilità di fuga. Tolgono la volontà e qualsiasi residuo di ragionevolezza.
Per difendermi, attacco. – Perché ti ostini a sprecare il tuo tempo con me?
Lui sorride e anche quel tipo di sorriso dovrebbe essere proibito nei cacciatori di dote. – Il mio tempo con le altre è investimento. Con te è puro piacere.
Allarga le braccia e io mi lascio avvolgere con piacevole arrendevolezza.
Balliamo in silenzio per un paio di minuti, poi lui si china appena e bisbiglia al mio orecchio.
– Mi piaci moltissimo.
– Anche tu mi piaci – gli confesso. - Non mi piace, però, l'idea che un uomo mi cerchi per i miei soldi.
- Nessuno che ti conosca almeno un po' può cercarti solo per i tuoi soldi, Hillary.
Mi arrendo, sono innamorata alla follia. Ogni sua parola è musica per le mie orecchie, averlo vicino mi riempie di sensazioni che non ho mai provato. Mi piace il suo aspetto, il modo in cui parla e le cose che dice. Il suo sorriso, il suo sguardo, le sue mani. L'unico difetto è che sia a caccia di una moglie ricca.
Pazienza, mi dico, la perfezione non è di questo mondo.
Poi mi scosto leggermente e gli sorrido. – D'accordo, la tua caccia finisce qui. Ti sposo.
Adesso l'ho spiazzato, gli leggo in viso la sorpresa.
– Che mi prenda un colpo, stai scherzando?
- Niente affatto. Ho solo seguito il tuo consiglio. Mi sto lasciando andare per una bella follia.
Lui ancora non crede alle sue orecchie. – Vuoi dire che mi sposi sul serio? Sposi uno senza il becco di un quattrino che mira solo al tuo denaro?
- Proprio così.
- E come mai hai cambiato idea?
Sorrido. Anche il mio sorriso non è male, se mi impegno. – Perché non sopporto la noia e tu sei quanto di più divertente, imprevedibile e intellettualmente stimolante mi sia capitato da non so quanto tempo. Non posso lasciarti andare.
Lui mi stringe forte, col pretesto del ballo. – Sono lusingato. Ma non dici niente a proposito di amore e altri insignificanti dettagli?
Appoggio la testa sulla sua spalla. Sono davvero impazzita perché sento la mia voce bisbigliare: - Non so se è amore, ma di certo è qualcosa che gli somiglia.
Alessandro mi stringe ancora più forte e mi bacia piano, tra il collo e la spalla. – Io invece lo so, che ti amo da morire.
Sono felice e penso che sia vero. Dopotutto gli ho già detto che lo sposerò, sono già completamente in suo potere, non c'è alcun motivo perché mi racconti bugie.
- Se dobbiamo sposarci, devo almeno sapere chi sei, - dico, in un barlume di consapevolezza. – Anche se il tuo cognome non è niente di speciale…
- Von Hoffenbach.
- Cosa?
- Von Hoffenbach. E' il mio cognome.
Strano che non mi sia ancora accasciata, svenuta, tra le sue braccia. – Quell' Alessandro Von Hoffenbach? – alito.
- Precisamente. – Sento le sue labbra sfiorarmi i capelli e poi raggiungere lievi il mio orecchio. – Cosa credi? Anche noi uomini disgustosamente ricchi dobbiamo difenderci dalle cacciatrici di dote.
E poi si china a baciare la mia risata.