Il barone di Lagonero non era in casa e Lupo Sanminiati si guardò intorno, valutando cosa fare. Se aspettarlo o lasciargli un messaggio.
Il grande atrio dava già una chiara idea della magnificenza del palazzo: ricchi tappeti a smorzare il rumore dei passi, tappezzerie di seta alle pareti, stucchi dorati sui soffitti e candelabri accesi che si riflettevano nelle enormi specchiere rendendo sfavillante l'illuminazione. La solenne scalinata di marmo disegnava un'elegante voluta che collegava il pian terreno al primo piano.
- Potrei aspettarlo – disse.
Il cameriere cercò di formulare una frase che non urtasse la suscettibilità dell'ospite. Ma non c'era modo di porre quella domanda usando la diplomazia.
- Siete venuto a saldare il vostro debito?
Lupo Sanminiati lo guardò. L'uomo che aveva davanti era alto e massiccio, con un'aria vagamente minacciosa e il tono perentorio. Lui non poté fare altro che stringersi nelle spalle. - Temo di no.
- Allora vi suggerisco caldamente di non farvi trovare qui. Il mio padrone medita di revocare la proroga che vi ha così gentilmente concesso.
Lupo in fondo si aspettava una cosa del genere, ma istintivamente si irrigidì. - E' proprio per quella proroga che sono venuto. E non me ne andrò prima di essere riuscito a parlare con il barone.
Anche l'altro sembrò irrigidirsi. Serrò le mascelle e la sua espressione si fece ancora più caparbia.
- Parlargli non vi porterà a nulla, se non avete il denaro che vi ha vinto al gioco.
- Temo che quel denaro non lo avrò mai. Dobbiamo trovare una soluzione.
Le grosse sopracciglia del cameriere saettarono in alto. - Credete davvero che esistano soluzioni?
No, Lupo non lo credeva, ma volle provare ugualmente. - Potrebbe concedermi un altro giro di carte.
- E se perdete, come riuscirete a dargli il doppio di quello che non riuscite a dargli adesso?
- Oppure gli offrirò gratuitamente la mia competenza. Quella che ho acquisito con i miei studi di Economia e che gli permetterà di raddoppiare in poco tempo i suoi averi.
- Sono curioso. Come potrete raddoppiare gli averi del mio padrone in poco tempo, se nello stesso poco tempo avete azzerato i vostri?
L'acutezza di quell'uomo era irritante. Lupo fece un profondo respiro e parlò d'istinto, senza quasi rendersi conto che stava spiegando il motivo del proprio comportamento a un servitore. Una circostanza piuttosto singolare, dal momento che non si era mai sentito in dovere di dare spiegazioni a nessuno, neppure a suo padre. - E' facile, in fondo io desideravo perdere tutto. Ma credo di aver superato quella fase di follia distruttiva, così adesso devo solo trovare un modo per risolvere la questione. Ribadisco, potrei mettere a frutto i miei studi di Economia e servire il barone per tutta la vita gratuitamente.
- Vale a dire, essere suo schiavo?
Suo schiavo? Non aveva pensato a quell'aspetto della questione.
- Qualsiasi cosa piuttosto del carcere! - proclamò.
- Ma non sarebbe più semplice chiedere aiuto ai vostri parenti?
- Voi non conoscete i miei parenti.
- E poi ci sarebbe sempre la soluzione più piacevole.
Strano, dopo l'iniziale diffidenza, quell'uomo sembrava prendere davvero a cuore la sua sorte.
- Piacevole?
- Una moglie ricca.
- Non potete parlare sul serio. Spesso le mogli ricche sono la soluzione meno piacevole.
- Solo perché siete pessimista. Potrebbe capitarvene una ricca e anche piacevole.
Lupo strinse gli occhi, osservando il servitore con curiosità. Appariva serio, addirittura austero, ma poi gli sembrò di cogliere un guizzo d'ironia nello sguardo.
- Siete uno strano tipo... Come avete detto di chiamarvi?
- Non l'ho detto. Comunque mi chiamo Agnolo.
- Siete davvero uno strano tipo, Agnolo. Come potete pensare che riesca a rimediare una moglie ricca e anche piacevole nel breve tempo che il vostro padrone mi ha concesso?
L'uomo raggrinzì le labbra in una specie di ghigno mefistofelico. Il giovane non nutrì più alcun dubbio che si stesse divertendo.
- Siete o non siete il famoso libertino Lupo Sanminiati? Non ditemelo, signore. Non ditemi che avete smesso di credere nel potere che esercitate sulle donne.