Si guardò nel mosaico come in uno specchio.
Osservò gli occhi, due frammenti di lapislazzuli a rendere lucente l’azzurro.
Osservò la bocca piccola, che sembrava ammorbidire la durezza della pietra.
L’ovale del volto, pallido di alabastro.
Si incantò davanti ai capelli che Artemios, il maestro dei maestri, aveva definito irrequieti come il suo carattere. Lunghi ricci ocra le coprivano la schiena, con minuscole tessere d’oro che catturavano e riverberavano la luce. Osservò la tunica ricca di fregi, la sua preferita, e le mani sottili a cingere una colonna.
Così l’avrebbero vista nei tempi a venire, pensò. Avrebbero visto la sua bellezza, che le dita sapienti di Artemios avevano reso splendente.
Ma le paure che gelavano il sangue, le mille passioni, l’orgoglio delle sfide, l’ambizione e la tenacia, lo strazio che spaccava il cuore e l’amore che guariva le ferite, tutti i pensieri, le collere e le emozioni della sua vita appartenevano solo a lei.